IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di  convalida dell'arresto di Azhari
Salah  Eddine  per la contravvenzione prevista e punita dall'art. 14.
quinto-ter, d.lgs. 286/1998 come modificato dalla legge 189/2002;
    Premesso   che   l'arrestato   e'   stato  espulso  con  regolare
provvedimento  del  Prefetto di Bologna, in data 13 ottobre 2003, che
successivamente in data 13 ottobre 2003 il Questore di Bologna gli ha
ordinato di allontanarsi dal territorio dello Stato entro 5 giorni ai
sensi  dell'art. 14,  comma quinto-bis d.lgs 286/1998 come modificato
dalla  legge  189/2002,  e  che  egli  non ha ottemperato all'ordine,
venendo  arrestato  a  Bologna  il 3 marzo 2004 ai sensi dell'art. 14
quinto-quinquies d.lgs. 286/1998;
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato o eventualmente con diverse generalita' - non ha precedenti
penali  definitivi  a carico, ne' pendenze giudiziarie; osservato che
sussistono   dubbi  sulla  legittimita'  costituzionale  dell'arresto
obbligatorio  come  previsto  dall'art. 14, comma quinto-quinquies d.
lgs.  286/1998  -  come  modificato  dalla  legge 189/2002 - e che la
questione  di  legittimita'  di  tale norma appare non manifestamente
infondata  e  va  sollevata d'ufficio per le ragioni che seguono, con
essenziale  riferimento  ai  parametri  costituzionali  di  cui  agli
artt. 13 e 3 Costituzione;
    Quanto  al parametro dell'art. 13, terzo comma, Costituzione, che
consente  provvedimenti  limitativi della liberta' personale da parte
della  P.S.  solo  «in  casi  eccezionali  di  necessita'  ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge»,  la  previsione dell'arresto
obbligatorio  contenuta  nell'art. 14  comma  quinto-quinquies appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
        la   tutela   costituzionale   della  liberta'  personale  e'
assoluta:  essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e'
consentita  la  limitazione  solo  con  provvedimento  dell'autorita'
giudiziaria  e  nei  casi  previsti  dalla legge al secondo comma, al
terzo  comma  ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea
ad   opera   della   P.S.   solo   se   successivamente   convalidata
dall'autorita'  giudiziaria  e nei casi «eccezionali di necessita' ed
urgenza»  previsti  dalla  legge.  Al  terzo comma - diversamente dal
secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche'
al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi
in  cui  la  liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata
dalla  P.S.  ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed
urgenza:
        la  giurisprudenza  costituzionale  ha chiarito le nozioni di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.   Proprio   perche'  l'art. 14  comma  quinto-quinquies
prevede  l'obbligatorieta'  dell'arresto ogni volta che si accerti la
fragranza  della  contravvenzione  dell'art. 14  quinto  comma ter le
condizioni   di   eccezionale  necessita'  ed  urgenza  della  misura
precautelare  debbono  essere  valutate  in  astratto in relazione al
reato  a  cui  e' collegata la previsione dell'arresto obbligatorio e
non ne e' consentita una modulazione in relazione al caso concreto:
        la  condotta  contravvenzionale  a cui e' collegato l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta.  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente  pericoloso  (vedi C. Cost. n. 64/1977 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente accertamento
giudiziale  delle  condizioni di pericolosita' sociale), ne' versa in
una  condizione  di  pericolosita'  specifica  per  le sue condizioni
personali   (vedi   C.  Cost.  n. 126/1972  in  cui  la  legittimita'
dell'arresto  era  collegata  all'ubriachezza  in  atto):  va infatti
considerato che la clandestinita' sul territorio dello stato cioe' la
permanenza  dello  straniero  in  Italia  senza  i  documenti  che la
legittimano  formalmente  e' condizione che legittima l'espulsione ma
che  non integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata alla
formale  assenza  di  documenti, non puo' essere indice di per se' di
una  specifica pericolosita' del soggetto ( si pensi all'innumerevole
numero   di   «badanti»   che   per   periodi   lunghissimi  lavorano
irregolarmente    nelle    famiglie   italiane   in   condizioni   di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale da parte della ai sensi del terzo comma dell'art. 13 Cost.,
        l'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per
una  contravvenzione  punita  con  l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il
sistema  processuale  vigente  non  consente l'applicazione di misure
cautelari  personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il
che  rende  evidente  come  in questo caso l'arresto non sia in alcun
modo  collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare.
Esso  si  affianca  ad  altri  eccezionali  casi in cui e' consentito
l'arresto  a  prescindere  dalla  successiva  applicazione  di misura
cautelare,   ma  si  discosta  da  tali  ipotesi  per  aspetti  molto
rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in
flagranza  previsto  per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s. (la cui
pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di
misure  cautelari)  e  per  le contravvenzioni p.p. dai commi primo e
secondo  art. 4  legge  110/1975  o  dai  commi quarto e quinto dello
stesso  articolo,  in  questo  caso  se  aggravate dalla finalita' di
discriminazione  o  odio  etnico,  razziale  ecc. Nella prima ipotesi
l'arresto  e'  consentito  per  consentire  «la  possibilita'  di  un
intervento  immediato di chi si sia dato alla fuga, abbia abbandonato
le  vittime  di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo
in  pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva» (Corte cost.
n. 305/1996) Nel secondo caso l'arresto consente che le forze di P.S.
limitino  la  liberta'  personale  di  soggetti in possesso di armi o
oggetti  atti  ad  offendere  nel  corso di riunioni pubbliche (commi
quarto  e quinto) o con armi od oggetti atti ad offendere fuori dalla
propria  abitazione  il  cui  possesso sia destinato specificamente a
finalita'  di discriminazione o odio razziale (commi primo e secondo,
aggravati  dall'art. 3, comma primo d.l. 122/1993), condotte entrambe
evidentemente   riconducibili   ad   un  pericolo  per  la  sicurezza
individuale   e   collettiva  evitabile  soltanto  con  la  materiale
apprensione  del  soggetto  armato ed il suo allontanamento dal luogo
pericoloso.   In   entrambi   i  casi,  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  e  non  come obbligatorio (art. 189 comma sesto c.d.s. e
art. 6  comma secondo legge 654/75). In entrambe le ipotesi citate di
arresto  consentito a prescindere dalla conseguente applicabilita' di
misura  cautelare si tratta di condotte attive (lesioni personali con
conseguente  fuga  e  porto  di armi in occasioni o con finalita' non
consentite),  che  concretamente  pongono  in  pericolo  la sicurezza
individuale  e  collettiva e necessariamente dolose, mentre l'arresto
previsto  dall'art. 14,  comma  5-quinquies riguarda un reato di mera
condotta  omissiva,  che  non  pone in concreto pericolo la sicurezza
altrui,  punibile  anche  a  titolo  di  colpa  per la negligente non
ottemperanza  all'ordine. Mentre nelle prime due ipotesi l'arresto e'
quindi previsto per casi in cui appare necessario ed urgente bloccare
l'autore  di condotte pericolose da parte della P.S. che lo sorprenda
in  flagranza, nel caso di cui all'art. 14 comma quinto-quinquies non
emerge   alcuna   necessita'  ed  urgenza  di  procedere  all'arresto
dell'autore   di   una   condotta   colposa   e   priva  di  concreta
pericolosita'. Sul punto va aggiunto che il giudice delle leggi nella
sentenza  n. 305/1996  ha  confermato  la  legittimita'  dell'arresto
previsto dall'art. 189 c.d.s. ancorandola alla sua facoltativita', in
quanto  tale arresto «richiede pur sempre la sussistenza, nei singoli
casi  concreti,  dei  presupposti  ai  quali  l'art. 381 comma quarto
subordina  in  via generale l'adozione di tale misura» . Nel caso qui
in  esame  invece  l'obbligatorieta'  dell'arresto  prescinde da ogni
valutazione  sulla  concreta  pericolosita'  della  condotta,  con la
conseguenza   che   la   misura  potrebbe  essere  costituzionalmente
rientrante  nella  previsione dell' art. 13, terzo comma Cost solo se
si  ritenesse  eccezionalmente  necessario  ed  urgente  limitare  la
liberta  di  uno  straniero  tutte le volte in cui egli abbia violato
l'ordine   di   allontanamento   del  questore  successivo  alla  sua
espulsione  dal territorio nazionale, il che non appare conforme alla
inviolabilita' della liberta' personale imposta dall'art. 13 Cost.:
        l'arresto  obbligatorio  non potrebbe neppure trovare ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto dallo stesso art. 14 comma quinto-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14  comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla   necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450  c.p.p.  comma  secondo  che  espressamente  dispone le
regole   processuali   per   l'ipotesi   di   citazione   a  giudizio
dell'imputato  a  piede  libero,  oltre  che  nei casi previsti dallo
stesso  d.lgs  n. 286/1998  come modificato dalla legge 189/2002, che
all'art. 13  comma  13-ter  prevede  ipotesi  di  arresto facoltativo
disponendo che in ogni caso - e quindi anche quando la facoltativita'
dell'arresto  non  sia  stata  esercitata  e  quindi l'imputato resti
libero - contro l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo;
        non  puo'  infine  ritenersi  che l'eccezionale necessita' ed
urgenza  dell'arresto  sia  collegata  alla  necessita'  di  eseguire
l'espulsione  dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo  ed  indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13. comma
quarto d.lgs n. 286/1998 come modificato dalla legge 189/2002.
    Quanto  al  parametro  dell'art. 3  Costituzione,  che  impone al
legislatore   il   rispetto  del  limite  della  ragionevolezza  come
qualificato   nelle   sentenze   C.  Cost.  n. 26/1979;  n. 103/1982;
n. 409/1989;  n. 341/1994  (vedi  anche  Corte cost. n. 53/58 secondo
cui,  non si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore
se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che   esso  stesso  considera  e  dichiara  diverse),  la  previsione
dell'arresto    obbligatorio    contenuta    nell'art.    14,   comma
quinto-quinquies appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        l'art. 13   comma   tredicesimo   del   d.lgs  286/1998  come
modificato  dalla  legge  189/2002  prevede  la contravvenzione dello
straniero  che,  espulso e materialmente accompagnato alla frontiera,
rientri  nel  territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi
ad  1  anno  (si tratta della prima disobbedienza ad un ordine, ma la
condotta  di  rientro  e'  attiva  e  manifesta  una  intenzionalita'
particolarmente  forte  dello  straniero poiche' segue alla materiale
attivita'  della pubblica amministrazione che lo ha accompagnato alla
frontiera  coattivamente,  con  rilevante  impegno di risorse umane e
materiali). Tale contravvenzione e' punita con l'arresto nella stessa
misura  rispetto  alla  contravvenzione  prevista  dall'art. 14 comma
quinto-ter  (disobbedienza  reiterata  di due ordini, ma con condotta
meramente  omissiva  e  anche  colposa),  il che e' indice inequivoco
della  valutazione  del  legislatore  di pari gravita' delle condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  (  art. 13 comma tredicesimo-ter), nel secondo caso esso
e' previsto come obbligatorio (art. 14 comma quinto-quinquies):
        l'art. 13,  comma  tredicesimo-bis  del  d.lgs  286/1998 come
modificato  dalla  legge  189/2002 prevede il delitto dello straniero
che  rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale,
punendolo  con  la  reclusione  da  1  a  4  anni  e  l'art. 13 comma
tredicesimo-ter. In questo caso di delitto con pena edittale fino a 4
anni  e'  previsto  l'arresto  come  facoltativo  dall'art. 13  comma
tredicesimo-ter,  mentre  nel  caso  piu' lieve della contravvenzione
dell'art. 14  comma  quinto-ter  punita  con  l'arresto fino a 1 anno
l'arresto  e'  previsto  come  obbligatorio  dal citato art. 14 comma
quinto-quinquies;
        dall'esame  delle disposizioni sopra citate emerge quindi che
anche  all'interno  del  d.lgs. 286/1998, come modificato dalla legge
189/2002, la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nel comma
quinto-quinquies   dell'art. 14   e'  irragionevole,  sia  poiche'  a
situazioni   di   analoga   gravita'  (  art. 13  comma  tredicesimo)
conseguono modalita' d'arresto facoltative e quindi piu' lievi, senza
che  emergano  apprezzabili  ragioni  che giustifichino il differente
trattamento   della   liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due
ipotesi, sia perche' a situazioni di maggiore gravita' (art. 13 comma
tredicesimo-bis)   conseguono   addirittura   modalita'   di  arresto
facoltative   e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano  ragioni
specifiche  che giustifichino il piu' lieve trattamento di reati piu'
gravi nella fase della previsione delle misure precautelari.
        Che   la  questione  e'  rilevante  per  la  pronuncia  sulla
convalida    dell'arresto   poiche'   l'eventuale   declaratoria   di
illegittimita'  costituzionale  dello  stesso  farebbe  venir meno il
fondamento  normativo  della richiesta di convalida proposta dal p.m.
Infatti  nella  fattispecie  Selti Mohamed e' stato tratto in arresto
perche' tale misura e' prevista come obbligatoria dall'art. 14 comma,
quinto-quinquies  d.lgs.  286/1998,  mentre  egli  non  sarebbe stato
passibile  di  arresto  se  tale  misura  fosse  stata  prevista come
facoltativa  in quanto non sussistono nella fattispecie le condizioni
richieste  dall'art. 381  comma  quarto  della gravita' del fatto (il
reato  contestato  e' una contravvenzione punita da 6 mesi a 1 anno),
ne'  della pericolosita' del soggetto desunta dalla sua pericolosita'
(l'arrestato  e'  privo  di  pregiudizi penali ed e' qui per la prima
volta  accusato  di  una  contravvenzione;  il  fatto  che  egli  sia
clandestina  sul  territorio nazionale non e' previsto come reato dal
nostro  ordinamento)  o  dalle  circostanze  del  fatto  (la condotta
contestata  e'  meramente  passiva,  di  disobbedienza  ad  un ordine
dell'autorita).
    Osservato  che la rilevanza della questione permane nonostante la
necessaria  liberazione dell'arrestato imposta dall'art. 391, settimo
comma  cpp  e  «  (...)  trova ragione nell'interesse generale ad una
pronuncia   sulla   legittimita'  dell'arresto,  che  ha  pur  sempre
determinato   una  privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della
questione,   dunque,   permane,   trattandosi   di  stabilire  se  la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione dell'art. 391 settimo comma ovvero piu' radicalmente
alla  caducazione  con effetto retroattivo della disposizione in base
alla quale gli arresti furono eseguiti» (Corte cost. n. 54/1993);
    Ritenuto  quindi  conclusivamente  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14  comma quinto quinquies. d.lgs. 286/1998
come  modificato  dalla  legge.  189/2002, nella parte in cui prevede
come  obbligatorio l'arresto per il reato previsto dall'art. 14 comma
quinto-ter,  appare  non  manifestamente  infondata  e  rilevante nel
giudizio di convalida in corso, per cui va sollevata d'ufficio per le
ragioni sopra esposte.